Per quanto concerne la fauna del Salento vi si possono annoverare numerose specie di uccelli quali la gru, l'airone grigio (Ardea cinerea), il germano reale (Anas platyrhynchos), il tarabuso (Botaurus stellaris), la ghiandaia marina (Coracias garrulus), il fistione turco (Netta rufina), il gheppio (Falco tinnunculus), nonché numerose specie di rettili, come lucertole e gechi, di mammiferi, quali ricci, volpi e faine, e di artropodi, quali scorpioni e tarante[8].Intorno a 800-700 mila anni prende lentamente avvio la completa emersione delle terre salentine, tuttavia altre ingressioni del mare intervengono nei periodi interglaciali, che si inoltra fino all'interno con lunghi bracci.
Prova ne sono i potenti depositi di argille azzurre, presenti al centro del Salento tra Cutrofiano e Corigliano d'Otranto, ricche di molluschi marini, mentre mancano documenti fossili terrestri databili con certezza al Pleistocene inferiore, periodo in cui non è attestata neppure la presenza dell'Uomo.Nel corso dell’Interglaciale Riss-Würm (120-80 mila anni) fenomeni di carsismo superficiale determinando un progressivo ampliamento di fratture tettoniche verticali presenti nella Pietra leccese, diedero origine a diaclasi imbutiformi, denominate ventarole o jentarole, che rimasero attive per lungo tempo, fino almeno il primo acme della glaciazione wurmiana, intorno a 60 mila anni.
Profonde fino a 18 metri e larghe all’imboccatura fino a 4-5 metri, le ventarole funsero da vere e proprie trappole naturali per gli animali che ebbero la sventura di cadervi dentro, ma furono anche una sorta di dispensa di cibo per le iene, che spesso ricavavano al loro interno la tana.Anche l’Uomo di Neandertal inserì la periodica esplorazione delle ventarole tra le sue strategie di caccia, scendendo nelle cavità, dove asportava dagli animali le parti che più lo soddisfacevano e lasciando in posto il resto della carcassa, come dimostrano i segni di taglio netto e strie da strumento litico, riscontrati su diversi reperti osteologicinel Museo. rinvenuti in queste fratture e oggi esposti
Nel corso dell'ultimo grande freddo, il Würm, queste profonde buche vennero rapidamente colmate da deposito colluviale che le occultò agli occhi dell'uomo, fino agli impianti di attività estrattive di cava nella Pietra Leccese.
Durante le fasi di estrazione della Pietra leccese, spesso ventarole tagliate verticalmente sulle pareti di cava riaprono un deposito a terre rosse sigillato per millenni, ricco di fauna in buona parte scomparsa dal Salento, come l’orso delle caverne, il rinoceronte, l’elefante, l’ippopotamo, la iena, in associazione con altri animali completamente estinti come il Bos primigenius, l’Equus hydruntinus ed il Mammut.Le prime segnalazioni di ventarole a deposito pleistocenico si devono a Decio de Lorentiis, primo direttore del Museo, che intervenne nelle cave di Pietra leccese di contrada San Sidero di Maglie, nel corso degli anni 50 del 1900, individuandone circa una decina.
Le particolari condizioni di molti reperti, spesso in connessione anatomica, ha reso i materiali faunistici delle ventarole salentine una preziosa riserva di informazioni e di confronto per gli studiosi; nondimeno le ventarole tagliate sui fronti di alcune cave dismesse nei territori di Maglie, Cursi e Melpignano, offrono oggi uno spettacolo paesaggistico straordinario che, unito al valore scientifico dei loro depositi, le rende uniche nel patrimonio geologico e paesaggistico italiano.
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